Stati Uniti, coast to coast senza usare aerei

USA coast to coast

Se c’è una cosa che ho sempre amato fare è guidare. Lontano dal traffico, su strade deserte dove i paesaggi si confondono con pensieri e sogni. Quale luogo migliore per macinare chilometri sull’asfalto se non negli Stati Uniti? La patria dei viaggi on the road, delle lunghe strade dritte che attraversano inospitali deserti.

La mia traversata degli USA inizia a New York. La Grande Mela non ha bisogno di tante presentazioni, caotica ed inquinata come ogni grande città che si rispetti. E’ sicuramente suggestiva ma non fa per me: come fa a vivere tutta quella gente in così poco spazio? No, ho bisogno di spazi aperti, di orizzonti che si perdono a vista d’occhio. Durante i miei 7 giorni a New York continuo a lavorare e a progettare gli ultimi ritocchi del mio lungo viaggio e non vedo già l’ora di trovarmi nel selvaggio West. Senza troppi rimpianti prendo un autobus verso Philadelphia, città decisamente più vivibile, dove trascorro una notte, e poi nuovamente in autobus verso Washinghton DC, la capitale di questa grande e contraddittoria nazione. Qui trascorro tre giorni gironzolando per immensi monumenti che ostentano la grandezza del popolo americano e deliziosi quartieri per miliardari come Georgetown.

Washington DC, Georgetown

Il 25 settembre, alle 16,05, eccomi sul treno Capitol Limited. Destinazione finale Chicago, la mattina successiva. Dei treni Amtrak conosci l’orario di partenza ma non quello d’arrivo dato che quello previsto non è praticamente mai rispettato. Questi enormi convogli arrancano sulle immense ferrovie americane, dove i treni merci hanno la precedenza su quelli passeggeri. Del resto qui nessuno usa il treno, o quasi… Al risveglio, la mattina seguente, Chicago è ancora abbastanza lontana. Le hostess Amtrak offrono a noi passeggeri un pasto gratuito dal gusto terrificante. Siamo in enorme ritardo ma nessuno si lamenta. Così si inizia a bere, parlare, ridere, scherzare. Qualcuno si sbronza fino a star male ma, nonostante tutto, il viaggio si trasforma in una vera e propria festa. La sera vengo invitato ad un party in un locale di Chicago da questo nuovo strano gruppo di amici che si è formato su una carrozza del treno. La vita mondana non fa per me ma decido di accettare. Dopo 25 ore di viaggio arriviamo finalmente a destinazione.

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Trascorro a Chicago due splendidi giorni. E’ vero, si tratta di una grande metropoli come New York, ma i ritmi della musica blues sembrano scorrere tra quelle strade, creando un’atmosfera unica che affascina incredibilmente. Immancabile anche l’esperienza di salire sullo skydeck da brividi e gironzolare in kayak tra i canali della città, rischiando nel frattempo di essere travolto da enormi navi cariche di turisti giapponesi pronti a fotografare il malaugurato evento.

Infine eccomi di nuovo a bordo di un treno, questa volta il California Zephyr, che mi porterà a Denver, in Colorado, dopo un giorno di viaggio. Questa volta il ritardo finale è di poche ore, la mattina successiva posso quindi recarmi dalla stazione ferroviaria all’agenzia di autonoleggio dell’aeroporto di Denver per noleggiare un SUV 4×4 che sarà il mio unico mezzo di trasporto da qui a San Francisco, nel lungo viaggio verso la West Coast. Metto in moto il mio piccolo SUV, sono solo poco più di 1000 le miglia impresse sul contachilometri, alla fine di questo lungo viaggio insieme saranno molte di più…

In serata, dopo quasi 400 km, arrivo ad Alamosa, una piccola cittadina vicino il Great Sand Dunes National Park. Qui alloggio nel mio primo motel, gestito da una coppia indiana. Dopo un meritato riposo, la mattina successiva vado ad ammirare le più grandi dune di sabbia del Nord America, proprio ai piedi della catena montuosa dall’altisonante nome Sangre de Cristo. Decido di scalare la Star Dune, la più alta (circa 230 metri). Si fa una gran fatica a salire su una duna di sabbia ma, in cima, la vista sulle altre dune e sulle montagne alle spalle ricompensa ogni sforzo.

Great Sand Dunes National Park

Svuoto le scarpe piene di sabbia e ritorno in auto, riprendendo il viaggio verso sud, diretto a Santa Fe, il più antico insediamento europeo in suolo statunitense ad ovest del Mississippi. Ci si accorge ben presto di aver varcato il confine tra lo stato del Colorado ed il Nuovo Messico: i paesaggi da montagnosi diventano sempre più aridi e si iniziano ad intravedere le caratteristiche abitazioni costruite in stile pueblo. Trascorro i due giorni successivi tra Santa Fe ed Albuquerque, dove trovo grande fermento per l’imminente festa delle mongolfiere, molto sentita in città.

Il 3 ottobre parto di buon mattino verso il Petrifed Forest National Park, in Arizona, a circa 330 km da Albuquerque. Sembra strano dirlo ma, in questo territorio desertico, 200 milioni di anni fa sorgeva una foresta sub-tropicale di cui oggi restano solo migliaia di tronchi fossilizzati. Uno spettacolo suggestivo! Trascorro la notte a Chambers, non un villaggio nè un paese, semplicemente un incrocio autostradale sperduto nel nulla, con un motel, una pompa di benzina ed un piccolo supermercato. Il giorno succesivo sono di nuovo in viaggio, questa volta verso nord. Dopo circa 250 km varco il confine tra Arizona e Utah ed eccomi di fronte l’incredibile Monument Valley. Per risparmiare un po’ evito di alloggiare nel famoso hotel The View che, pur turistico, offre davvero una bella vista sulla valle. Ripiego così sul non troppo distante villaggio di Kayenta, dove i prezzi sono decisamente più abbordabili. Ammiro un meraviglioso tramonto di fronte quei famosi Mesa e Butt immortalati da film e chissà quante foto. Il giorno successivo esploro la zona, recandomi verso Mexican Hat (una stramba pietra a forma di copricapo messicano) e verso la Valley of the Gods, qui percorro un sentiero fuoristrada in condizioni non ottimali attraverso queste incredibili formazioni rocciose a tratti anche più spettacolari della ben più famosa Monument Valley ma decisamente meno conosciute e turistiche. Ad un tratto la strata è bloccata: un’anziana signora in viaggio in camper da sola col suo cane non riesce ad attraversare una parte molto sconnessa del sentiero. La aiuto mettendo dei massi a terra nelle zone dove potrebbe rischiare di rimanere insabbiata e formando un sentiero più semplice in quel tratto in salita. Alla fine la signora riuscirà a superare l’ostacolo e mi saluterà con un sempre gradito “God bless you“. Dopo questa divertente parentesi torno nella vicina Monument Valley. Il sentiero che scende nella valle è percorribile solo da mezzi 4×4 ed è sconsigliabile percorrerlo la sera. E’ quasi il tramonto e la strada è già stata chiusa dalla tribù indiana dei Navajo che la gestisce, tuttavia il giorno dopo non avrò tempo per ritornare in zona. Decido quindi di aggirare i cancelletti ed inoltrarmi lungo il sentiero sconnesso per ammirare il tramonto da un posto decisamente in prima fila.

Monument Valley

La prossima tappa è Page, circa 230 km ad ovest. Qui sorge l’incredibile Lago Powell che, in realtà, è un profondo canyon riempito dalle acque del fiume Colorado, in seguito alla costruzione della diga sul Glen Canyon. Le acque azzurre chiare contrastano con il colore delle rocce rosse, dando vita ad un paesaggio decisamente inaspettato. Non stupisce che la cittadina di Page stia crescendo sempre più, diventando il luogo di villeggiatura preferito da chi può permettersi di acquistare un’abitazione da queste parti. Nonostante il paesaggio splendido soffro un po’ pensando a quanto sia forte e manipolatrice la mano dell’uomo che ha modificato in pochi decenni ciò che la natura aveva costruito in milioni di anni, modellando quei luoghi. Nei dintorni di Page visito anche il famoso Antelope Canyon, un delizioso slot canyon gestito sempre dalla tribù Navajo. Immancabile anche la visita al turistico ma suggestivo Horseshoe Bend, dove il fiume Colorado forma la famosa e caratteristica curva a ferro di cavallo. Trascorro alcune notti in un motel nei pressi di Big Water, un’anonima cittadina con meno di 500 abitanti non troppo lontana da Page.

E’ il 7 ottobre quando mi dirigo verso il Grand Canyon, nella sponda nord (North Rim). La più famosa (e turistica) è la sponda sud (South Rim), tuttavia dal luogo in cui mi trovo arrivarci richiederebbe un giro eccessivamente lungo, decido quindi di limitarmi a vistare il North Rim che si trova a meno di 400 km da Page. Pochissima gente, paesaggi mozzafiato, orizzonti che si perdono a vista d’occhio. Era proprio questo ciò di cui avevo bisogno…

Grand Canyon North Rim

Trascorro la notte a Kanab dove, per ben due giorni di fila, tento la lotteria nel Visitor Center per intraprendere l’escursione verso The Wave, una formazione rocciosa assai suggestiva ma molto delicata, per questa ragione solo 20 persone al giorno possono recarsi lì, pena una salatissima multa da parte dei rangers. Purtroppo ho poca fortuna entrambe le volte, mi dirigo quindi verso le dune di sabbia rosa del Coral Pink Sand Dunes State Park che, dopo aver visto le grandi dune del Colorado, non mi entusiasmano particolarmente. Proseguo quindi verso nord fino al mozzafiato Bryce Canyon. Dopo due giorni trascorsi in questo splendido parco, tra fantastiche escursioni e memorabili tramonti e albe, pernottando sempre in un villaggio vicino per risparmiare (Tropic), mi dirigo verso lo Zion National Park dove faccio uno dei trekking più impegnativi e rischiosi: Angel’s Landing. Percorro anche una parte del difficile percorso The Narrows, risalendo le gelide acque del fiume Virgin all’interno di uno stretto canyon.

Dopo questi due splendidi parchi riprendo il mio cammino on the road, ritornando a malincuore nella civiltà e trascorrendo un paio di giorni a Las Vegas. Una delle cose che ricorderò sempre è quel contrasto tra il deserto circostante e quelle luci che, nel cuore della notte, ad un tratto appaiono all’orizzonte e quasi accecano nel buio più totale. Las Vegas è una città finta, la città degli eccessi, dove puoi giocarti la casa dentro un casinò ma non puoi stappare una birra per strada. Non c’è molto da vedere qui per me, ben presto quindi eccomi di nuovo in viaggio verso la Death Valley. Prima di visitare la più profonda depressione del Nord America trascorro una notte in un isolatissimo motel a Beatty, il giorno dopo quindi scendo nella valle e percorro alcune interessanti strade e percorsi da trekking sotto una temperatura fortunatamente non troppo alta (è già il 15 ottobre).

Death Valley

Nel lungo spostamento tra la Death Valley e San Diego, nel sud della California, decido di fare una breve sosta nell’anonima cittadina di Barstow. E’ difficile non innamorarsi di San Diego e della California in generale, con i suoi ritmi rilassati e le sue coste incredibilmente belle. Basta una passeggiata a La Jolla, ammirando le splendide spiagge con tanto di leoni marini che si rilassano beatamente tra le rocce, per rinfrescare corpo e anima.

Il 19 ottobre mi metto di nuovo alla guida risalendo la costa californiana fino a Los Angeles. Questa è probabilmente la città che meno mi è piaciuta nel corso del mio coast to coast. Anche le sue famose spiagge Santa Monica e Venice Beach non reggono il confronto con quelle più suggestive e meno turistiche che è possibile trovare andando più a nord. Tra i più bei paesaggi che invece rimarranno nella mia mente ci sono sicuramenti quelli del fantastico viaggio in auto da Los Angeles a Monterey, attraversando Malibù, Santa Barbara, Morro Bay e l’indescrivibile Big Sur, dove la scogliera rocciosa scende a picco sul mare.

Big Sur

A Monterey decido di abbandonare la costa e dirigermi verso le montagne della Sierra Nevada, uno spostamento di circa 360 km fino alla piccola cittadina di Three Rivers, vicino l’ingresso del Sequoia National Park. Il giorno successivo mi addentro in questa suggestiva foresta. Non potrò mai trovare parole adatte per descrivere le sensazioni che ho provato la prima volta che ho avuto davanti agli occhi quegli enormi tronchi di sequoia gigante. Di fronte ad una natura così immensa e maestosa, dentro provi un senso di profondo rispetto, quasi timore. Trascorro la notte in un lodge all’interno della foresta, stando bene attento a svuotare l’auto da tutti gli snacks e cibo. Gli orsi, infatti, hanno il vizio di cercare la cena nelle auto parcheggiate e non lo fanno in maniera troppo delicata. Dedicherò i giorni successivi ad alcuni trekking e passeggiate lungo i sentieri di Kings Canyon e dello Yosemite National Park, circa 200 km a nord del Sequoia National Park.

Sequoia National Park

Nel frattempo scopro che, non troppo distante, si trova una delle più suggestive ghost town degli Stati Uniti, non posso assolutamente perderla. Trascorro un’intera giornata guidando attraverso tutto lo Yosemite National Park, superando il Tioga Pass ad oltre 3000 metri di altitudine e scendendo nuovamente ed est della Sierra Nevada, verso la città fantasma di Bodie. Alla fine saranno oltre 600 i km totali percorsi in una sola giornata, ma ne sarà valsa la pena. Bodie fu creata nel 1859 durante la corsa all’oro, dopo che nelle zone fu trovato il prezioso minerale. In pochi anni diventò la seconda città della California, 10.000 abitanti, 65 saloon, numerosi bordelli, una prigione, una chiesa metodista. A Bodie ci scappava un morto ogni giorno, tra banditi, avventurieri e predicatori. Gli inverni però erano troppo rigidi e, quando l’oro si esaurì ed un incendio negli anni ’30 distrusse gran parte della città, le case vennero sgomberate. Oggi resta tutto come allora, dalle finestre si vedono le immagini pietrificate di un tempo, tutto è lì a prendere polvere da decenni. Vecchie poltrone, cappotti appesi. C’è proprio tutto… tranne gli abitanti.

Bodie ghost town

E’ già fine ottobre quando percorro l’ultimo tratto di strada del mio lungo viaggio negli USA: da Mariposa a San Francisco. Riconsegno l’auto nell’agenzia di autonoleggio dell’aeroporto della grande città californiana, alla fine il contachilometri segnerà 4873 miglia percorse in poco meno di un mese, quasi 8000 km tra deserti, autostrade, strade polverose, highway affollatissime e costiere tortuose. Gli ultimi giorni a San Francisco trascorrono piacevolmente, anche se in mente rivivo ogni singolo fotogramma di questo splendido viaggio on the road. E’ già novembre ed è tempo di tornare a casa per preparare una nuova avventura.

Dato che le parole non renderanno mai appieno le esperienze vissute, ecco un videoracconto di circa 45 minuti che ripecorre tutto il mio viaggio negli Stati Uniti.

Scritto da Fabio Liggeri