Ritorno in Africa, nello stato più povero al mondo
Villaggio di Kaya, Burkina Faso. Torno qui dopo un anno. Le cose non sono cambiate, la terra rossa di questa parte di Africa è sempre arida. Entra dentro i polmoni quando respiri. Non una goccia d’acqua, la pioggia da queste parti è un evento più unico che raro.
Questo piccolo stato dell’Africa subsahariana è uno dei più poveri al mondo, in ginocchio da tempo per la crisi climatica e per la violenza di alcuni gruppi di terroristi, provenienti soprattutto da nord: dal Mali.
L’80% dei burkinabè vive grazie ad allevamento e agricoltura, per loro il riscaldamento globale si traduce in fame e sete.
Negli ultimi anni la siccità è aumentata, a causa delle temperature medie sempre più più alte. Meno acqua significa anche meno cibo: ogni anno che passa la situazione in Burkina Faso diventa ancora più drammatica.
Adriano Nuzzo è un idraulico salentino che ha fatto della costruzione di pozzi d’acqua da queste parti la missione della sua vita. L’avevo già conosciuto qualche anno fa, nel corso della mia prima missione in Burkina Faso. Insieme alla moglie Giulia Bassano ha creato We Africa, un’associazione che ha già dissetato numerosi villaggi sperduti.
Da Kaya percorriamo alcune ore di sterrato per raggiungere un villaggio isolato, qui è prevista la costruzione del prossimo pozzo d’acqua con le donazioni ricevute dall’associazione. Costruire un pozzo da queste parti non è per niente semplice: i macchinari e la manodopera si trovano solo nella capitale, Ouagadougou, e farli arrivare nei villaggi, raggiungibili a volte solo da piste sabbiose è una vera impresa.
Dopo aver individuato l’acqua sotto terra, la trivella inizia a scavare. Bisogna incrociare le dita, se l’acqua non dovesse arrivare in superficie sarebbe un vero problema. Dopo un po’, per fortuna, ecco l’acqua. Un’esplosione un po’ come quella dei pozzi petroliferi. Ed effettivamente qui l’acqua è preziosa forse più del petrolio: consentirà alle persone di questo villaggio di non dover percorrere decine di chilometri con un carretto trainato da un asino per riempire qualche bidone.
Negli ultimi anni continuano a consumarsi attentati e rapimenti, soprattutto nel nord del Burkina Faso, creando una situazione sempre più insostenibile per le associazioni umanitarie e per i volontari che quotidianamente rischiano la propria vita solamente per dare dignità a questa povera gente dimenticata dal mondo.
Diversi progetti portati avanti da alcune ONG in Burkina Faso hanno permesso di migliorare il futuro degli abitanti di questo poverissimo paese. I contadini vengono sempre più incoraggiati a sfruttare le acque sotterranee piuttosto che affidarsi alle pochissime piogge, tornando anche ai metodi tradizionali di coltivazione.
Purtroppo però non è ancora abbastanza e ancora oggi oltre il 50% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. In un mondo sempre più frenetico e intollerante, associazioni come quelle di Adriano sono l’unico barlume di speranza rimasto per queste persone. Una goccia d’acqua che salva vite e da speranza.
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