Dopo un lungo viaggio in autobus, dal lago Inle a Bagan, scende la notte. Un breve riposo e la sveglia suona, quando fuori è ancora buio. Ogni mattina, prima del sorgere del sole, durante la stagione secca, sopra i templi di Bagan è possibile ammirare una danza davvero suggestiva: decine di mongolfiere si alzano in volo e regalano uno dei momenti più emozionanti di un viaggio in Myanmar.
Dopo essere arrivato nel villaggio di Kalaw, mi unisco ad un piccolo gruppo di cinque persone, guidato da due ragazzi di etnia shan. Il primo giorno di cammino ci addentriamo nei paesaggi rurali di questa regione. Qui intorno è possibile scoprire la cultura di numerose minoranze etniche: gli shan sono i più numerosi, ma ben presto avremmo fatto la conoscenza dei pa-o, i danu, gli intha, gli akha, i loi e altri. Dopo un tratto di foresta iniziale, ci ritroviamo a camminare tra piccolissimi villaggi isolati e varie attività agricole e piantagioni, tra cui quelle di thè, riso e sesamo.
Da Yangon prendo un autobus verso Kinpun, ai piedi di uno dei luoghi più sacri del paese: la pagoda Kyaiktiyo o Roccia d’Oro. Si trova in cima alla catena montuosa di Yoma e, secondo la leggenda, i pellegrini che compiono il tragitto per tre volte in un anno vengono ricompensati con ricchezze e fortuna.
C’è un viaggio che tutti dovremmo fare almeno una volta nella vita: un viaggio dentro noi stessi, perderci nei labirinti dei nostri pensieri e ritrovarci nel silenzio. Così, un giorno d’inverno, decisi di partire per la Birmania, o Myanmar. Avrei trascorso quasi un mese in questo misterioso paese del sud est asiatico, pronto a riempire l’anima di nuove esperienze.
Chi è Fabio Liggeri?
Dicono che io sia un travel influencer, a me piace semplicemente definirmi un viaggiatore. Qui racconto la bellezza che i miei occhi incontrano in giro per il mondo. Guido anche viaggi di gruppo alla scoperta dei luoghi più autentici e meno turistici del nostro pianeta. Per saperne di più su ciò che faccio, clicca qui.